|
Polo
industriale di Mongiana (VV) L’esperienza
siderurgica meridionale era iniziata nel 1749, sotto il regno di
Carlo di Borbone, che cercò di imprimere alle Due Sicilie un moto
di modernità ed autonomia. Il sovrano chiamò a Napoli due gruppi
di esperti ufficiali sassoni ed ungheresi perché si fossero
recati in Calabria a studiare la possibilità di estrarre del
ferro, in modo economicamente conveniente, da alcune piccole
miniere. Nel 1759 venne aperta la Real Fabbrica d’Armi di
Torre Annunziata, dove fu standardizzata la produzione di fucili,
che fino ad allora avveniva con calibri e munizioni diverse, ad
opera di artigiani napoletani. Nel 1771 iniziò la sua produzione
la fonderia di Mongiana, nell’interno delle montagne
calabresi, che sfruttava, in maniera intelligente e regolata, il
combustibile proveniente dalle immense risorse boschive del
circondario. Il terremoto del 1783 causò una interruzione della
nascente attività. Nel 1789 il governo di Ferdinando IV bandì un
concorso per un viaggio di studi mineralogici e di aggiornamento
tecnico per iniziare la preparazione di esperti napoletani, tra i
vincitori il pugliese Matteo Tondi ed il salernitano Carmine
Antonio Lippi. Otto anni di viaggio prepararono una piccola classe
di tecnici che realizzeranno poi il polo siderurgico calabrese.
Nel 1800 re Ferdinando ordinò che la nascente ferriera passasse
sotto il controllo dei militari, e da allora la direzione fu
affidata a brillanti e preparati ufficiali di artiglieria. Nei
primi anni del secolo iniziò il lento decollo, attorno alla
fabbrica nacque il comune di Mongiana, che raccolse le famiglie
degli operai e degli impiegati nella fonderia. Con l’avvento dei
militari si trasformò la condizione dell’operaio, dalla paga
giornaliera si passò al lavoro a cottimo. Nel decennio
napoleonico Mongiana iniziò una massiccia produzione, anche in
conseguenza alla domanda generata dalle guerre napoleoniche. Il
prodotto prendeva quasi esclusivamente la via della Francia. Nel
primo periodo della restaurazione la fabbrica specializzò la
produzione, soprattutto nel settore degli armamenti. Con la salita
al trono di orta politica
economico finanziaria, il risanamento dell’apparato statale,
ogni sorta di incoraggiamento all’industria privata e pubblica,
il giovane Re trasformò in poco tempo quello che era solo
artigianato evoluto in industria vera e propria. Sorsero ovunque
nuovi opifici, dei più vari settori industriali, dal tessile al
cartario, alla siderurgia. In Calabria sorse una grande fonderia
privata ad opera del Generale Filangieri. Il ponte in ferro sul
Garigliano, per quei tempi un piccolo capolavoro, fu progettato
dal governo e realizzato con i materiali provenienti dalla
fonderia privata di Cardinale, di proprietà Filangieri, in un
clima di concorrenza. Fu costruita una cittadella dove si
mischiarono altiforni, caserme, stalle, chiesa ed appartamenti
reali. La nuova fabbrica Ferdinandea fu uno stabilimento di prima
fusione a supporto della vicina Mongiana. Nel 1837 si iniziò
la costruzione della strada che doveva collegare le fonderie al
porto di Pizzo, da dove i prodotti finiti e le grandi barre di
ghisa partivano per la capitale. Contemporaneamente nacque a
Pietrarsa un’officina di lavorazione che arrivò ad impiegare più
di 4000 persone e che produceva, in concorrenza con il privato, le
macchine a vapore per centinaia di bastimenti e per le locomotive
delle ferrovie napoletane. In breve il piccolo Piemonte inviò
tecnici a studiare le basi di questo grande successo,.basti
pensare che Piemonte, Liguria e Val d’Aosta impiegavano nel 1845
lo stesso numero di addetti della sola Mongiana. Fino al 1860
questa era una industria giovane che si affacciava verso i mercati
internazionali, con un certo bisogno di essere aiutata in questo
compito. Il governo unitario, abolendo tutti i dazi, le negherà
questo aiuto, e imboccherà una direzione opposta a quella del
governo borbonico che, nei momenti di difficoltà, quando si
allargava il divario con i concorrenti stranieri, correva ai
ripari per non farle perdere il contatto con le industrie europee
più evolute. Fu così che i 3000 addetti di Mongiana e
Ferdinandea, gli oltre 4000 di Pietrarsa e tutti quelli che
lavoravano con le industrie private tessili, estrattive e
manifatturiere, si trovarono a vivere un lento declino, che in
pochi anni li avrebbe condotti alla crisi e costretti poi ad
emigrare. Ovviamente al declino della nascente industria
meridionale si accompagnò la nascita della grande industria del
Nord.
|
|