Il
Decadentismo nella sua essenza più profonda era stato volto alla
esplorazione ed alla rivalutazione del subcosciente considerato come la
più vera e più gelosa realtà dell'individuo contro la realtà fisica
mutevole ed ingannatrice: la concezione della vita in Pirandello é
tutta impostata su questa intuizione decadentistica della condizione
dell'uomo, da cui nasce il suo atteggiamento umoristico verso gli
uomini, che non sanno comprendere questa realtà tutta nostra, una realtà
che non ammette violenze dall'esterno e che invece é continuamente
"offesa" dagli altri che la giudicano "ognuno a suo
modo". In un mondo dove tutto è messo in discussione l'uomo si
ritrova solo e deluso, senza fede e senza fiducia. Lo sbandamento delle
coscienze si ripercuote anche nella letteratura. In questo clima
spirituale nasce e si sviluppa l'opera di Pirandello, uno degli
interpreti più espressivi dello squilibrio dello spirito contemporaneo
e il maggior drammaturgo del nostro tempo. Evidenti, anche se esteriori
soltanto, sono i legami dell'opera pirandelliana con l'esperienza
verista. Nella prima produzione, e particolarmente nelle novelle,
ritroviamo lo stesso ambiente piccolo-borghese, che richiama situazioni
e modi del Verga, con una rappresentazione apparentemente impersonale di
costumi e di personaggi, che vanno dai salfatari ai pescatori, dai
contadini ai piccoli proprietari. Anche i personaggi di Pirandello sono
dei poveri derelitti, dei "vinti" ,ma, a differenza di quelli
verghiani, non sono dei rassegnati al loro destino, ma anime inquiete,
tormentate, pronte alla ribellione, ossessionate dal desiderio di
evadere non appena si accorgono di vivere una vita che non è la loro,
perché essi sentono " la pena del vivere così ".Il dato
realistico rimane indubbiamente il punto di partenza, il primo momento
in cui l'autore prende contatto con la realtà umana, osservata come
essa è; dice infatti Pirandello : "scrivere per fare della
letteratura, per gioco dello spirito, mi par cosa stranamente vana. Le
parole non mi interessano, bensì le cose ".E' proprio dalla
osservazione delle " cose " egli sviluppa una più attenta
meditazione, che tende ad andare oltre le apparenze, per penetrare nella
condizione intima della vita di tanti individui e cogliere i contrasti
tra l'essere e il parere. Per questo il Pirandello sposta la sua
attenzione e il suo studio dall'ambiente all'individuo, allontanandosi
sempre più dal naturalismo e dal verismo, per accogliere le istanze e
le inquietudini proprie del decadentismo. La realtà gli appare come
qualcosa di mutevole, di vario; nulla è certo, tutto è illusione,
diversa da momento a momento e da individuo a individuo. L'uomo crede di
essere uno, ma in realtà non è nessuno; per chi lo osserva è
centomila, in quanto assume personalità diverse secondo il concetto
degli altri. La nostra vera personalità, il nostro" volto
"rimangono soffocati sul nascere da una maschera che gli altri ci
impongono dall'esterno e in base alla quale noi viviamo; la società ci
coarta con i suoi pregiudizi e le sue consuetudini, che finiscono per
inaridire lo slancio vitale o per fare di noi personalità schematizzate
,senza volto. Così conformato l'uomo non ha neppure la possibilità di
conoscere se stesso :spesso infatti si sente mosso nell'agire da forze
misteriose, incontrollate, che provengono dal suo subcosciente: è la
vita che pulsa e ribolle sotto la maschera nel tentativo di
erompere." Ciò che conosciamo di noi stessi - scrive Pirandello -
non è che una parte di quello che noi siamo. E tante e tante cose, in
certi momenti eccezionali, noi sorprendiamo in noi stessi, percezioni,
ragionamenti, stati di coscienza che sono veramente oltre i limiti
relativi della nostra esistenza normale e cosciente". E' a questo
punto che nasce il dramma dell'individuo, nel momento cioè in cui egli
si rende conto di vivere una vita che non è la sua e passa dal semplice
"vivere" al "vedersi vivere". Una vita simile è
"una molto triste buffonata; perché abbiamo in noi ,senza sapere né
conoscere né perché né da chi, la necessità di ingannare di continuo
noi stessi, con la spontanea creazione di una realtà la quale di tratto
in tratto si scopre vana e illusoria. Chi ha capito il gioco non riesce
più ad ingannarsi; ma chi non riesce più ad ingannarsi ,non può più
prendere né gusto né piacere alla vita". Da questa situazione
tragica e dolorosa dell'individuo che inutilmente tenta di infrangere la
"maschera" per scoprire il "volto" nascono le
situazioni strane, assurde paradossali che si incontrano nell'opera del
Pirandello e in particolare nel teatro. La impossibilità dunque
dell'individuo e della società di fissare una verità assoluta, conduce
l'uomo ad annaspare nel buio del mistero che l'avvolge, senza possibilità
di raggiungere alcuna certezza. In Pirandello è sempre viva l'amarezza
di dover constatare l'incomunicabilità degli uomini fra di loro, questo
dover vivere così, estranei e sconosciuti l'uno all'altro, soli nel
mondo, in un continuo, inappagato ed irrealizzabile desiderio di approdo
alla vita altrui, di attacco con gli altri, di comprensione ripudiata.
Nasce così l'incomprensione tra noi e coloro che ci stanno attorno,
poiché ognuno parla un linguaggio diverso da quello degli altri, per
cui è impossibile stabilire un colloquio. Incomunicabilità,
solitudine, incomprensione, aridità sono i caratteri comuni a quasi
tutti i personaggi dei drammi pirandelliani. Questa posizione di
disgusto e di disprezzo del mondo e della vita umana porterebbe
irrimediabilmente alla follia e al suicidio, se l'uomo non tentasse in
qualche modo di reagire, di trovare una soluzione agli inquietanti
interrogativi che la vita gli pone. Oltre alle correnti-madri
(Decadentismo e Verismo) nell'opera pirandelliana confluiscono le
esperienze più discusse di allora: la freudiana, la esistenzialistica,
quella del teatro del grottesco. L'insegnamento di Freud, fondatore
della psicoanalisi, si veniva svolgendo proprio negli anni in cui si
maturava la formazione culturale di Pirandello e successivamente veniva
affermandosi la sua arte. Secondo Freud i casi umani sono regolati da
una logica sicura e matematica, ma in essi c'è sempre qualcosa che
sfugge al dominio della volontà dell'uomo, ed è ciò che finisce quasi
sempre col determinare gli avvenimenti. Tuttavia mentre l'uomo freudiano
soggiace agli istinti incontrollati, quello pirandelliano si ribella e
lotta con tutte le sue forze contro di essi, anche se per un destino
avverso è costretto a soggiacervi. Il fatto è che l'opera
pirandelliana si incontra con le teorie freudiane per il senso di
indagine inquietante dei moti interiori e per l'acuto desiderio di
spiegarseli, senza che Pirandello si fosse proprio dedicato ad uno
studio sistematico ed approfondito dei problemi psicologici determinati
da Freud: lo studioso viennese e il commediografo italiano operavano
sullo stesso terreno, il primo da scienziato, il secondo da artista. Una
filosofia alla quale si ispirava e si ispira ancora molta della cultura
contemporanea, è quella del danese Kierkegaard detta
dell'esistenzialismo, che si fonda sull'esperienza, la quale ci pone di
fronte alla ineluttabilità del vivere , all'angoscia dell'esistenza,
alla fatalità di una legge della storia e della natura che è sempre
uguale per le generazioni degli uomini. Non possiamo affermare in
maniera categorica che Pirandello sia un'esistenzialista, nel senso che
egli abbia aderito con tutta consapevolezza all'insegnamento del
filosofo danese, ma è fuori dubbio che tanti elementi della sensibilità
esistenzialistica abbiano coinciso con quell'amaro e nello stesso tempo
segretamente speranzoso dialettizzare dello scrittore agrigentino. Ad
influenzare l'opera pirandelliana contribuì, infine, la diffusione del
teatro del grottesco,che assunse a materia delle sue migliori produzioni
il dramma umano. Il teatro del grottesco vuole cogliere una situazione
burlesca, quella che nasce dall'incoerenza tra quel che si è dentro e
quel che si appare e si vuole apparire di fuori.
LA
VITA
Luigi
Pirandello nacque ad Agrigento nel 1867 da don Stefano e da Caterina
Ricci Gramitto. Il padre era di origine ligure, la madre era invece
siciliana. Importanti furono gli anni dell'infanzia e della giovinezza:
non solo per le prime esperienze culturali e per l'affiorare degli
interessi per la letteratura e la poesia, ma anche per le esperienze
umane e sociali(in un ambiente angusto condizionato da abitudini e
convenzioni tradizionali)compiute in quei decenni di confusione politica
e morale che seguirono all'unità d'Italia. Del 1885 sono i primi versi,
" Mal giocondo ", intrisi di una giovanile ed inquieta
amarezza di diciottenne. Intraprese gli studi universitari alla facoltà
di lettere di Palermo per passare poi a quella di Roma ,dove ebbe fra i
maestri Ernesto Monaci, uno dei più grandi filologi del tempo. Per
suggerimento del Monaci ,passò poi a studiare a Bonn, dove si fermò
due anni laureandosi nel 1891,discutendo una tesi sulla parlata
agrigentina "Voci e suoni del dialetto di Girgenti". A Bonn
Pirandello ebbe insigni maestri: dal Bucheler, all'Usener, al Forster;
ma soprattutto in quella città ,di respiro intellettuale europeo, ebbe
modo di venire a contatto con le più stimolanti esperienze della
cultura contemporanea. In quel tempo egli non aveva ancora una chiara
idea delle proprie attitudini e del proprio futuro: oscillava tra le
ambizioni della ricerca scientifica e quelle poetiche, e non era
insensibile alle tentazioni del giornalismo. Tornato a Roma tentò di
inserirsi nella vivace società letteraria che in quello scorcio di
secolo illustrava la capitale. Dominava D'Annunzio; ma Pirandello non fu
sedotto dalle suggestioni del dannunzianesimo, anche se ne risentì
qualche influenza ( Elegie renane, pubblicate nel 1895 ). Decisivo fu
invece l'incontro con Luigi Capuana, il teorico e maestro del verismo
italiano. A contatto con Capuana, Pirandello scopre e definisce la
propria vocazione di narratore; avvicinandosi alla grande esperienza del
verismo. Nel 1893 scrive il suo primo romanzo " L'esclusa " e
nel 1894 pubblica il primo volume di racconti "Amori senza amore
". Nello stesso anno sposa la bella e ricca Antonietta Portulano,
pure lei agrigentina. Ma la vita avrebbe riservato prove molto dure e
amare ai due coniugi: nel 1897 un grave dissesto economico costringe la
famiglia Pirandello a trasferirsi a Roma, dove Luigi insegna letteratura
italiana all'Istituto Superiore di Magistero. Nell'ambiente romano,
Pirandello prende consapevolezza del suo pensiero, soprattutto nel corso
di una polemica antidannunziana, che si svolse nelle riviste il "
Marzocco " e " La nuova antologia ".Intanto, nel 1903,
cominciano ad apparire i primi sintomi del male che avrebbe afflitto la
povera consorte distruggendo la felicità della famiglia Pirandello.Lo
scoppio della grande guerra del1914-18 e la prigionia del figlio Stefano
ferito ed ammalato, avevano contribuito ad affliggere maggiormente lo
scrittore, che già attraverso l'amara esperienza del dolore aveva
consolidato la sua triste concezione del vivere nel mondo. Finita la
guerra, Pirandello si immerse in un lavoro frenetico e senza soste,
spinto dall'urgenza di insegnare agli uomini le "verità" da
lui scoperte. Nascono i capolavori "Sei personaggi in cerca
d'autore" ed " Enrico IV ",entrambi del 1921.Nel 1925
fonda la " Compagnia del teatro d'arte" con i due grandissimi
ed insuperati interpreti dell'arte pirandelliana: Marta Abba e Ruggero
Ruggeri, con i quali intraprende il giro d'Europa e delle due Americhe,
mentre dappertutto crescono i consensi alla sua opera e la sua fama si
leva altissima, consacrata nel 1934 dal premio Nobel. Nel novembre del
1936 si ammala gravemente di polmonite e poco dopo muore.
Pirandello
narratore.
Le
opere narrative sono nella quasi totalità precedenti cronologicamente a
quelle drammatiche ed in esse si pongono già tutti i motivi dell'arte e
tutta quanta la concezione che Pirandello ebbe della vita. Novelle e
romanzi sono i germi da cui prende avvio e successivamente si amplia la
produzione teatrale. Le novelle sono state messe ingiustamente in ombra
dalla grande accoglienza fatta nel mondo al teatro pirandelliano, in
quanto questo ha una maggiore capacità di penetrazione e di
comprensione a qualsiasi livello ed una maggiore forza di espansione.
Uno degli aspetti peculiari dell'opera narrativa di Pirandello è la
sicilianità, connaturata nell'amore aspro per la sua terra. Pirandello
è animato da un bisogno sempre desto di dare carattere di simbolo alle
figure che la realtà gli presenta, cosicché nella novella accade quasi
sempre che realtà e simbolo convivano benissimo insieme, o meglio la
realtà offra allo scrittore lo stimolo, lo spunto per rappresentare una
"verità astratta". In Pirandello c'è in fondo una
partecipazione alla vita dei suoi personaggi, una specie di
"indiretta difesa dei vinti" ,non c'è lo sguardo staccato ed
indifferente come potrebbe sembrare a prima vista: Pirandello è uno di
loro, amareggiato dalla vita e convinto di essere pervenuto alla
scoperta del significato di essa, senza miti e senza illusioni, pur se
il cuore ne soffre. E' per questa scoperta che egli irride a quel mondo
da cui proviene e da cui si è staccato, irride alle storte abitudini,
ai preconcetti di questi poveracci rimasti indietro nel cammino e ne
sferza il modo di concepire la vita quando essa si trincera dietro le
forme ,perchè vuole che gli uomini , compagni nel cammino impervio del
mondo, se ne liberino ed intraprendano quella via per la quale egli si
è già incamminato. Le novelle di Pirandello sarebbero dovute essere
365,quanti sono i giorni dell'anno, donde il titolo di "Novelle per
un anno"; ma il disegno rimase incompiuto per la sopravvenuta
attività teatrale, perciò ne rimangono 246,raccolte dall'autore in 15
volumi, i cui titoli sono: "Scialle nero", "La vita
nuda", " La rallegrata", "L'uomo solo",
"La mosca", "In silenzio", "Tutt'e tre",
"Dal naso al cielo", "Donna Mimma", "Il vecchio
Dio", " la giara", " Il viaggio", "Canderola",
" Berecche e la guerra", " Una giornata". La critica
ha mostrato quasi sempre entusiasmo per Pirandello novelliere, ponendolo
fra i più grandi cultori di questo genere letterario nella letteratura
mondiale. Una così vasta produzione che nella sua varietà e complessità
può ben definirsi una vera commedia umana appare un po' frammentaria,
spezzata, bozzettistica: il difetto era evidentemente connaturato alla
origine decadentistica della formazione culturale di Pirandello e alla
essenza stessa della sua concezione della vita, secondo la quale la
realtà si sbriciola, si frantuma, si scompone continuamente, senza una
legge fissa e determinata per tutti e quindi senza una vera e propria
unità di stile e di temi.
Pirandello
come romanziere vale indubbiamente meno del Pirandello novelliere:
l'indole dell'uomo e dello scrittore era più incline al rapido
articolarsi e sciogliersi degli avvenimenti nel corto respiro della
novella, anziché nel loro lento e minuto intrecciarsi nell'elaborata
trama del romanzo. I temi dei romanzi sono sempre quelli dei drammi e
delle novelle: il primo fu " L'esclusa" ,composto nel 1893-94.Si
tratta della storia drammatica di una donna cacciata,
"esclusa" dalla vita dei familiari perché accusata
ingiustamente di aver peccato; sarà riammessa a casa quando invece avrà
veramente peccato all'insaputa di tutti. L'ambiente è l'ottocento
verghiano, il caso è già tipicamente pirandelliano, sia per il
contrasto tra quel che è e quel che appare, sia per il motivo
dell'esclusione dalla società. All'esclusa seguirono:" Il
turno", " Il fu Mattia Pascal",
"
Suo marito", " I vecchi e i giovani", " Si
gira", " I quaderni di Serafino Gubbio operatore", "
Uno, nessuno e centomila". I romanzi pirandelliani non colgono
figure rappresentative di tutta un'epoca o di un ambiente, ma si fondono
su casi o avvenimenti singolari, perciò di quei romanzi non rimane
nella fantasia del lettore nessun carattere, nessuna figura. Avviene così,
com'è stato osservato dalla critica, che i romanzi di Pirandello non
resistono ad una seconda lettura, perdendo d'interesse una volta
conosciuta la trama della vicenda, come avviene con i romanzi gialli.
Tuttavia notevole è la loro importanza dal punto di vista dello
svolgimento dell'arte pirandelliana, in quanto essi segnano il più
deciso allontanarsi dai modi del Verismo verso il Decadentismo, visibile
nella tendenza di dare ai personaggi più rilievo simbolico che
descrittivo, guardandoli più nel loro significato intimo, cioè in
quello che essi vogliono e debbono rappresentare; inoltre nei romanzi
appare per la prima volta il "monologo interiore", quel
discorrere che fa il personaggio fra sé e sé, polemizzando,
obiettando, contraddicendosi e giudicandosi, spesso sdoppiandosi.
Il
fu Mattia Pascal
Dopo
un primo momento in cui, sotto l'influenza del naturalismo e del
verismo, Pirandello prende contatto con la realtà, constatando e
prendendo atto del contrasto realtà-apparenza, lo scrittore passa alla
ricerca delle cause di tale contrasto scavando nella psiche umana.
Assurda è la pretesa dell'individuo di fissarsi in una
"forma" . Da qui la ribellione, l'urto con il mondo e la
società, che vorrebbero costringerci a stare al gioco, mentre noi ci
sentiamo spinti alla libertà, a vivere secondo il nostro
"contenuto" e non secondo la "forma" che gli altri
ci impongono. Tale è la situazione che Pirandello ci presenta ,per la
prima volta, nel romanzo " Il fu Mattia Pascal" , che
costituisce il fondamento di tutta la concezione pirandelliana della
personalità.
Mattia
Pascal è un modesto bibliotecario comunale di un paesino ligure,che
vive una vita grama e incolore, oppresso dalla tirannia della moglie e
della suocera. La sua natura timida e arrendevole rende più penosa la
sua esistenza. Ma un giorno, dopo un ennesimo litigio, trova la forza di
reagire e si allontana da casa. E' la ribellione di uno che finalmente
prende coscienza della inutile e falsa vita che gli altri gli impongono.
Dopo aver vagato di paese in paese, giunge a Montecarlo e con i pochi
quattrini che possiede gioca al Casinò e vince una considerevole somma.
Mentre è inebriato dalla improvvisa fortuna ,che lo ha trasformato in
un uomo ricco, legge sul giornale la notizia della sua morte. Un uomo è
stato trovato annegato in una gora e il cadavere, quasi irriconoscibile,
è stato riconosciuto dai parenti come quello di Mattia Pascal. La
notizia dapprima lo sconvolge, ma poi la sua fantasia si mette in moto :
il caso lo ha reso finalmente libero e ricco; Mattia Pascal è morto: da
questo momento egli potrà vivere una nuova vita sotto il nome di
Adriano Meis. Si stabilisce a Roma in una pensione di via Ripetta,
facendosi passare per un benestante. Ma ben presto si accorge
dell'impossibilità di rifarsi una vita, di liberarsi dalle forme che la
società impone a tutti. Infatti si innamora di Adriana , la figlia del
proprietario della pensione, ma non può sposarla, perché Adriano Meis
non figura in alcun registro di Stato civile; viene derubato e non può
denunciare il furto; schiaffeggiato da un ospite della pensione, non può
vendicare l'offesa con un duello. I contatti con gli altri diventano
sempre più difficili, perché si comincia a diffidare di lui come di un
fantasma. Egli si sente solo,smarrito, deluso, e l'equivoco delle due
vite gli si rivela ancora più funesto della precedente situazione:
" Ecco quello che restava di Mattia Pascal ,morto alla Stia: la sua
ombra per le vie di Roma. Ma aveva un cuore ,quell'ombra, e non poteva
amare; aveva denari, quell'ombra, e ciascuno poteva rubarglieli; aveva
una testa ,ma per comprendere e pensare ch'era la testa di un'ombra, e
non l'ombra di una testa". Per questo decide di
"uccidere" Adriano Meis, deponendo, come testimonianza della
sua seconda morte, il cappello e il bastone sul parapetto di un ponte
del Tevere con accanto un biglietto di " Adriano Meis
suicida". Riacquistata la forma di Mattia Pascal ,ritorna al paese,
dove apprende che la moglie si è risposata ed è madre di una bambina .
La legge gli consentirebbe l'annullamento di quel matrimonio , ma egli
comprende che ormai non può più inserirsi nella vita degli altri; non
gli resta che accettare la sua condizione di "escluso"; per
questo si reca al cimitero e depone un mazzo di fiori sulla
"sua" tomba : egli rimarrà "Il fu Mattia Pascal",
perché così hanno voluto gli altri , che ormai non gli riconoscono
altra personalità . Accetta in tal modo di vivere senza nome e senza
volto , solo con sé stesso , oppresso dalla "pena del vivere così
".
Mattia
Pascal ci insegna che non dobbiamo escluderci dal gioco della vita e che
è necessario recitare giorno per giorno la nostra parte , se non
vogliamo cadere in una solitudine senza speranza e senza conforto . Il
romanzo , più che compiuta opera d'arte, è un documento interessante
per l'impegno dello scrittore di chiarire la sua concezione di vita. Le
situazioni del protagonista sono già di quelle che noi diciamo
tipicamente "pirandelliane": la ribellione alla forma imposta
dagli altri, il desiderio di liberarsi dall'equivoco per vivere la vera
vita, lo sdoppiamento della personalità , l'amara constatazione
dell'impossibilità di sfuggire all'assurdo gioco della vita , la
solitudine a cui è destinato colui che si esclude dal mondo.
Uno,
Nessuno e Centomila
Uno
degli aspetti più caratteristici della concezione pirandelliana della
vita è il relativismo, il principio cioè secondo cui "nulla è
vero, nulla esiste, tutto è illusione creata da chi la pensa, o la
sogna, e ciascuno se la crea e sogna a suo modo , e un'intesa tra la
multiforme vanità di tutti questi sogni non è possibile".(S.
D'Amico) Erroneamente l'uomo crede di essere "uno" e pretende
che gli altri lo giudichino per quello che egli crede di essere; gli
altri ci giudicano secondo l'opinione che essi hanno di noi e che è
diversa da persona a persona , per cui diventiamo "centomila"
agli occhi del mondo; in realtà nel continuo moto dello spirito , che
partecipa della legge di perenne mutabilità a cui tutte le cose sono
soggette, l'uomo non è "nessuno", perché nessuna di quelle
maschere che egli si attribuisce o che gli altri gli impongono è quella
vera e definitiva. E' questa la situazione che viene chiarita nel
romanzo " Uno, nessuno e centomila", il cui protagonista ,
Vitangelo Moscarda, viene improvvisamente gettato nella più angosciosa
ansietà per un motivo quanto mai futile : la rivelazione , fattagli
dalla moglie , che il suo naso pende a destra , cosa di cui egli non si
era mai accorto , ma che gli altri dovevano certamente aver notato.
" Per gli altri che guardano da fuori - pensa Moscarda - le mie
idee , i miei sentimenti hanno un naso. E hanno un paio d'occhi , i miei
occhi , ch'io non vedo e ch'essi vedono. Che relazione c'è tra le mie
idee e il mio naso? Per me , nessuna. Io non penso col naso , né bado
al mio naso , pensando. Ma gli altri? Gli altri che non possono vedere
dentro di me le mie idee e vedono da fuori il mio naso?" Dunque
egli è uno per sé e uno per gli altri; ma se ognuno vede le cose a suo
modo , allora vedrà anche lui a suo modo , per cui egli non sarà unico
per tutti , ma uno per ognuno , e cioè centomila . E così ossessionato
dall'ansia di conoscere la verità e contemporaneamente convinto che
" una realtà non ci fu data e non c'è , ma dobbiamo farcela noi ,
se vogliamo essere" , il povero uomo finisce per impazzire ,
commettendo una serie di stranezze , finché non viene rinchiuso in un
ospizio. Qui , senza personalità e senza nome , diventa veramente
"nessuno", ma contemporaneamente si libera da quel rodio del
pensiero che scava in noi e distrugge ogni certezza , alienandoci.
Vivendo come le cose della natura , in cui non c'è contrasto tra forma
e contenuto perché esse "sono come appaiono", il povero
Moscarda ritroverà la sua pace interiore e il suo equilibrio.
Le
opere teatrali.
L'attività
teatrale di Pirandello significò per il teatro italiano una svolta
decisiva ed esemplare ; e tra le numerose sue commedie alcune
raggiunsero e conservano il livello di autentici capolavori. Pirandello
giunse al teatro per una profonda convinzione di ordine morale ; era
convinto cioè che attraverso la rappresentazione scenica potesse
rivelare meglio agli uomini le verità alle quali egli era dolorosamente
pervenuto ; egli definì perciò " teatro dello specchio "
tutta la sua opera, perché in essa si rappresenta la vita senza
maschera, quale essa è nella sua sostanza e nella sua verità , lo
spettatore, l'attore e il lettore vi si vedono come sono , come chi si
guardi ad uno specchio, vi si osservano con ansia e con curiosità ,
spesso vi si vedono deformati dagli altri, appunto come un cattivo
specchio deforma l'immagine fisica; allora si riconoscono diversi da
come si erano sempre immaginati e ne restano amareggiati e preoccupati .
L'attività teatrale si può dividere approssimativamente in tre fasi:
una prima, che comprende le commedie scritte negli anni che precedettero
e accompagnarono la prima guerra mondiale , commedie ispirate a motivi
dialettali e ad ambienti isolani (Lùmie di Sicilia, 1910, Liolà,
1916); una seconda, la stagione più propriamente pirandelliana, in cui
le commedie riflettono, su un registro di vasta dialettica e insieme di
sofferta umanità , la cognizione pirandelliana del vivere (è la
stagione dei capolavori , come Cosi è, se vi pare, Il piacere
dell'onestà, Ma non è una cosa seria, Sei personaggi in cerca
d'autore, Enrico IV, ecc.); la terza, in cui lo scrittore sembra
avvertire l'esigenza di porre un argine allo scetticismo, al nichilismo,
ricorrendo ad un simbolismo " spiritualistico ", ma con
risultati poco persuasivi (La nuova colonia 1928; Lazzaro, 1929; I
giganti della montagna). Il suo capolavoro, per giudizio concorde della
critica, è giudicato la commedia " Sei personaggi in cerca
d'autore " (1921), che è anche la maggiore opera del teatro
italiano del Novecento. In essa Pirandello, riprendendo l'antico
artificio del " teatro nel teatro ", dà la più complessa e
riuscita rappresentazione della condizione umana quale gli si era venuta
configurando e, insieme, del suo modo di intendere il rapporto tra
l'arte e la vita. I sei personaggi che chiedono al capocomico di essere
tratti dal limbo della loro condizione, di poter vedere rappresentato il
loro dramma e che poi non si riconoscono negli attori che tentano di
riviverlo, sono un po' la cifra di tutta l'arte pirandelliana in perenne
contesa con l'infida, inafferrabile realtà , che sembra di continuo
assoggettarla, ma ne resta in effetti profondamente lacerata. La fama di
Pirandello drammaturgo venne a noi dagli stranieri. Per lungo tempo da
noi non si comprese la carica innovatrice contenuta nel teatro
pirandelliano, mentre dobbiamo riconoscere che fu quasi esclusivamente
attraverso la sua opera di drammaturgo che l'arte di Pirandello, e con
essa tutta la nostra letteratura, si inseriva finalmente con autorità
nella grande letteratura europea e mondiale a noi contemporanea, come
espressione di una civiltà umana grandissima . Naturalmente l'arte di
Pirandello era esposta a gravi rischi , ai quali egli non sempre riuscì
a sottrarsi: il "cerebralismo ", l'artificiosa accentuazione
di situazioni paradossali, il compiacimento di complicati sofismi
addotti per smontare e distruggere valori e miti convenzionali. Ma nelle
sue opere più grandi egli sollevò alla luce della sua poesia la sua
lucida e disperata ricerca di verità e insieme la sua amara cognizione
della solitudine e dell'alienazione dell'uomo contemporaneo .
Lo
stile
Pirandello
fu il narratore più essenziale e concettuale, più schivo degli
svolazzi e delle manifestazioni esibizionistiche e coreografiche, tutto
inteso a rappresentare l'essenza delle cose, il "di dentro",
quel che non appare fuori. Il suo è uno stile personalissimo, fatto di
cose, orientato verso uno scopo preciso, senza scoperte ambizioni
letterarie. Pirandello quando scrive lo fa con la naturalezza e la
spontaneità di un colloquio fra amici. Non è raro il caso che egli
tenda a trasferire e a piegare i termini della lingua dalla loro comune
accezione ad un più intimo e nuovo significato, e cioè secondo la
maniera degli scrittori e dei poeti contemporanei appartenenti al
Decadentismo e volti all'analisi e alla interpretazione del
subcosciente, intesi alla creazione di un linguaggio tutto proprio,
capace di esprimere quasi singolari stati d'animo, che li
caratterizzano. Quella naturalezza e singolarità di linguaggio appaiono
a volte asprezza, facilità un po' grezza e frettolosa, specialmente
quando il linguaggio si frantuma nella sottigliezza dell'analisi,
scarnificandosi. Evidentemente lo scrittore siciliano predilige la prosa
virile, lucida, protesa verso l'essenziale di ciò che si deve dire, la
parola non fine a se stessa, ma espressione di un animus, di un
giudizio, il linguaggio pungente e realistico, senza indugi oziosi e
blandi compiacimenti linguistici, un linguaggio che mentre da un lato
rivela nell'autore la padronanza perfetta del mezzo espressivo,
dall'altro ne sottolinea la trepida commozione con vibrazioni poetiche e
umane. Se il discorso pirandelliano è sempre concreto e muscoloso,
tuttavia affiorano, in particolare nelle novelle, pagine poetiche e di
abbandono fantastico. Ciò avviene soprattutto quando la vicenda è
ambientata in Sicilia; in questi casi Pirandello è più loquace, più
arioso, più divertito e il discorso si fa più sciolto, più immediato
e non è raro il caso che egli, come Verga, trapassi e svari nel
discorso indiretto conservando movenze e ritmi del discorso diretto. In
questo stile narrativo, espressivo e senza retorica la moderna prosa
italiana trova un esempio da proporsi e si riscatta da gonfiezze e da
paludamenti formali e inutili. C'è forse da osservare, soltanto, come a
volte questa prosa sia un tantino trasandata, condotta quasi senza
eccessivo impegno da parte del narratore, più intento forse a seguire
l'intreccio dei fatti che la loro rappresentazione e il loro
manifestarsi a tradursi in parola, con una sintassi del periodo a volte
un po' spezzata, più disposta alle rapide battute del dialogo che alla
narrazione.
L'umanità
e la moralità in Pirandello.
Nella
prosa pirandelliana quelle vibrazioni poetiche e umane sono frequenti
perché non c'è in lui la scarnita e spietata vivisezione dell'anima
umana, ma la cordiale comprensione verso i suoi personaggi, creature
doloranti e vive, incarnazione di una parte di se stesso, non simboli
astratti. Perfino l'umorismo e il sogghigno hanno un attimo di
perplessità, come se l'autore si fermasse pensieroso e rattristato sul
destino dei suoi personaggi, di tutti gli uomini e suo. Quel fondo
raziocinante, umoristico e polemico, nelle sue opere migliori è
percorso da un pathos umano, da una fraterna comprensione che innalza
l'opera a poesia. L'umanità di Pirandello e la sua pena per la
condizione umana assumono un atteggiamento particolarissimo, chiuso, che
stenta ad esprimersi, perché sono incapaci di liberarsi in canto, in
catarsi lirica; si esprimono, invece, in un grido lacerante di denuncia
e di condanna. Pirandello dissimula le sue lacrime con un sorriso
triste, assai più accorato e accorante di qualsiasi pianto, la sua pietà
si manifesta per il povero derelitto, l'uomo comune della vita di ogni
giorno: gli eroi non hanno cittadinanza nella sua arte; il solo vivere
la vita, così come la viviamo, è già di per sé atto di eroismo.
Un'arte
così decisamente ancorata alla vita e così intensamente umana è per
se stessa ricca di intrinseca moralità: essa tende cioè, in ogni sua
espressione, a sferzare la vita perché la vuole migliorare. I
personaggi pirandelliani non sono né cinici, né perversi, ma hanno una
loro nobiltà e trovano una loro forma di catarsi attraverso la
sofferenza del vivere. In quest'arte spira un moralissimo desiderio di
liberazione dai ceppi della finzione e dalle assurde costruzioni, in cui
l'uomo ha imprigionato la sua anima: è necessario strappare la maschera
che gli uomini si mettono, denunciare i loro travestimenti e ciò per il
loro stesso bene, perché essi non sanno accorgersene; è una moralità
intrinseca e non formalistica, posta aldilà di ogni apparenza, rivolta
contro il fariseismo e l'ipocrisia che tiene alle apparenze. La moralità
di Pirandello non si identifica e non coincide con alcun credo morale di
una qualsivoglia religione rivelata e tradizionale, proprio per la
impossibilità connaturata al mondo pirandelliano di poter ammettere una
soluzione al vivere, di poter fissarsi in una forma definita. Nel
concetto di moralità si inserisce il concetto che Pirandello ebbe
dell'amore, bellissimo e ricco di profonda spiritualità. L'amore crea,
trasforma, dà la vita, è il monismo in cui si dissolve il dualismo di
Platone tra carne e spirito, per fondere due unità in una sola, due
anime in una, due corpi in uno; ma una fusione in cui lo spirito domina
e la carne soggiace ad essa e gli ubbidisce, perché nella gioia
dell'amore trionfa l'infinito che è in noi, al di sopra di ogni
bassezza, ad di sopra di miserie, peccato, gelosie.
L'umorismo
Di
fronte alla constatazione di quello che è il vivere nel mondo
Pirandello assume un atteggiamento di umana compassione verso gli uomini
che sono sottoposti a questa inesorabile legge del loro destino e che
inconsciamente si ingannano; ma avventa il suo feroce umorismo contro il
destino che condanna l'uomo all'inganno e più ancora contro coloro che
scioccamente si ingannano o mostrano di ingannarsi, accettando il giuoco
e assumendo maschere, atteggiamenti falsi, insinceri, equivoci.
Pirandello
è convinto che la condizione umana è triste, pessima, ma gli uomini si
illudono o ingannano se stessi e allora lo scrittore li deride, li
sferza, li smonta, mostrando il contrasto tra quel che essi sono e
quello che vogliono apparire. Tutte le funzioni umane, tutte le
creazioni del sentimento possono essere oggetto di umorismo, quando la
riflessione, come un demonietto impertinente, smonta il congegno delle
immagini e dei fantasmi creati dal sentimento e lo smonta per vedere
com'è fatto, per scaricarne la molla e vedere tutto quanto il congegno
stridere convulso e ridicolizzato. Pirandello si addolora del male che
è nel mondo, ma non sa spargere su quel male una lacrima quasi temesse
di scoprirsi debole e fragile come tutti gli altri, se ne mostra invece
contrariato, offeso e deluso; la caratteristica dell'umorismo
pirandelliano è forse la risata. Nessuno che abbia assistito ad una
recita dei "Sei personaggi in cerca d'autore" dimenticherà
mai quella sferzante risata alla figliastra, che scompare nella platea
tra il pubblico, riassorbita dalla vita impietosa e cattiva, al cospetto
delle larve evanescenti degli altri personaggi immersi nella penombra
del teatro. Si pensi pure a quanto sia lacerante e risolutiva per
Moscarda la risata di Dida in "Uno, nessuno e centomila".
Pirandello beffardo e mefistofelico irride ironico alla presunzione
degli uomini di voler credere che la vita sia così o così, di voler
credere in determinate idee, tradizioni e leggi fisse. La risata si fa
più crudele quando tende a smascherare posizioni preconcette e la
finzione di coloro che non credono, ma mostrano di credere, che appaiono
in un modo e sono in un altro. Pirandello si può forse considerare il
più grande scrittore umorista della nostra letteratura.
I
personaggi pirandelliani
I
personaggi pirandelliani sono scelti con gusto polemico tra i casi
limite che la vita di ogni giorno presenta; sono tipi introversi,
polemici essi stessi, litigiosi, filosofeggianti, puntigliosi ed
ostinati, tipi indubbiamente scelti con esagerazione o portati
all'esagerazione: lo vuole l'aspra concezione della vita che era in
Pirandello e la convinzione che il lettore deve essere scosso, destato
dalla sua"distrazione" e dal suo chiuso disinteresse verso ciò
che non lo riguarda direttamente per costringerlo a vedere, a
constatare, a riflettere, a togliersi la maschera affinché in seguito
non ricada nello stesso errore di egoismo e di ipocrisia e si faccia
migliore. I personaggi-filosofi pirandelliani parlano sempre loro perché
ormai hanno scoperto il "giuoco" della vita, sanno di potersi
illudere, hanno tolto la maschera e guardano in faccia la verità. La
prima impressione è che Pirandello scelga i suoi personaggi in una
dimensione per così dire astratta, fortemente tipizzata. Quelli
pirandelliani sono personaggi "contemporanei" anche per il
fatto che sembrano presi da una forma di reazione nevrotica, una
reazione contro la impossibilità di risolvere i propri mille problemi
quotidiani, inseguendo il tempo; impossibilità di superare gli ostacoli
che la vita ci pone contro, e reazione più intima contro i propri
limiti, contro le infinite rinunce a cui siamo sottoposti a tutte le
ore, contro la nostra umana impotenza. Pur nella loro emblematicità e
nel loro universalismo i personaggi di Pirandello hanno una vetusta
impronta di sicilianità e segni particolari che li distinguono, sono
segnati nel corpo e segnati dentro di amarezza pronta ad esplodere.
Limiti
e grandezza di Pirandello
Pirandello
è scrittore discusso e certo non facilmente accessibile. I rilievi che
generalmente gli si muovono sono: 1) cerebralismo; 2) spietata
distruzione di ogni certezza; 3) unilateralità della sua concezione; 4)
stile trasandato e tendenzialmente pedagogico. Nell'opera pirandelliana
si guardò ai suoi aspetti esteriori e non a quelli artistici, la si
vide intesa unicamente alla ricerca di effetti sugli spettatori e si
giunse a dire che essa si fondava soltanto su invenzioni esteriori, su
idee singolari, originali, cerebrali, sul sottilizzare, analizzare e
filosofare per il solo gusto del ragionare. Ma l'accusa è certamente
esagerata, anche se dobbiamo convenire che alcuni punti di un'opera così
vasta appaiono incomprensibili, complicati di casi strani e difficili,
con intrecci inverosimili, astratti e contorti, con trovate paradossali,
appaiono impostati su problemi che sembrano veri e propri rompicapo, su
personaggi capaci solo di analizzare e filosofare e incapaci di vivere
nell'azione, nel farsi della vita. Quello pirandelliano non era
certamente teatro facile per tutti, ma la critica più avanzata e
qualificata venne via via prendendo posizione a favore della rivoluzione
operata da Pirandello, tanto in Europa e in America, quanto in Italia;
ci si cominciò ad abituare alla nuova problematica posta dalla sua
opera, a capire Pirandello , ad apprezzarlo. Il cerebralismo fu
considerato aspetto isolato in opere mancate o in punti determinati di
qualche opera, senza più la pretesa di voler giudicare l'arte tutta
quanta di Pirandello secondo quel metro.
Altra
accusa che si muove a Pirandello è quella di aver voluto spietatamente
determinare la distruzione di ogni certezza: attraverso un gelido
umorismo ed una inesorabile disamina della psiche umana, egli
condurrebbe in maniera aspra e decisiva allo sdoppiamento della
personalità e alla distruzione di ogni fede, fondandosi su una
concezione chiusa e pessimistica nei riguardi della condizione e del
destino degli uomini. Egli stesso ribatteva a coloro che gli
rimproveravano questa sua posizione, che distruggeva solo illusioni
affinché gli uomini vivessero meglio e in maniera più responsabile
questa loro breve avventura terrena. Che se poi si scopre che la vita è
amara ed è una "triste commedia" la colpa non è davvero di
chi scopre questa verità.
Egualmente
insidiosa appare l'accusa di unilateralità che si muove al mondo
pirandelliano e che lo investe nella sua globalità. Bisogna pur dire
che Pirandello non ebbe di certo vastità di pensiero e molteplicità di
idee, ma piuttosto una intuizione semplice e limitata della vita, dando
l'impressione che l'autore non faccia altro che applicare e sviluppare
costantemente con nuovi e strani esempi quella semplice intuizione
originaria. I rilievi sono veri in parte: basti pensare a come la tesi
del male di vivere investa tutta quanta la vita e a come essa si
sfaccetti nei mille aspetti sempre uguali e sempre diversi della vita
stessa, per intendere che l'unilateralità del mondo pirandelliano è
l'unilateralità stessa della vita, intesa nella sua unica radice di
dolore dalle infinite manifestazioni.
Si
fa ancora carico a Pirandello di uno stile trasandato e tendenzialmente
pedagogico. C'è in lui si dice- uno stile poco curato, una lingua
piuttosto incondita e senza finezze, una espressione generalmente
uniforme, eguale, poco attenta, una specie di semplicismo frettoloso
orientato all'unico fine di dimostrare la sua polemica verità. Perciò
Pirandello tende a forzare le situazioni, a piegare i personaggi alla
sua tesi, a scegliere casi limite, nello sforzo di convincere il lettore
che ciò che egli dice è così e non potrebbe essere altrimenti. Così
facendo all'arte pirandelliana sarebbe precluso, secondo i critici, un
"senso universalmente umano" restando essa ristretta a
situazioni particolari e a fatti curiosi, e Pirandello finirebbe con il
darci non personaggi vivi, ma "maschere fisse", forme precise.
Non si esclude che Pirandello abbia di questi momenti, questi vuoti
d'ispirazione, ma quale dei grandi ne è immune nella storia letteraria
di tutti i paesi del mondo?
Nonostante
i rilievi mossi, Pirandello viene riconosciuto in tutto il mondo come
"il più grande drammaturgo del secolo". L'ammirazione
universale di cui gode è dovuta al fatto che egli rimane l'interprete
di un'ansia a tutti comune, caratteristica della spiritualità del
nostro tempo. Nell'ammirazione per il drammaturgo c'è una specie di
gratitudine per colui che ha diagnosticato e mostrato i mali del nostro
tempo e ne ha espresso l'ansia di evasione. Fu questo carattere
universale della sua opera che condusse Pirandello al più ambito premio
letterario, il Nobel, per la ricerca incessante di una soluzione del
problema del vivere e della verità.
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